La serratura che non ci permette di acquisire consapevolezza è l'io
- Alberto
- 19 ago 2017
- Tempo di lettura: 3 min
Non c’è errore più grande dell’idea di “io”.
È l’ostacolo più grosso sul cammino della verità: se non superi quell’ostacolo, non farai mai alcun progresso sul sentiero della verità.
Un sannyasin stava attraversando il villaggio in cui viveva un amico, anche lui sannyasin, e decise di passare a trovarlo, sebbene fosse quasi mezzanotte.

Da una delle finestre vide la luce accesa e bussò. Una voce dall’interno disse: «Chi è?».
Pensando che la sua voce bastasse a identificarlo, il monaco rispose semplicemente: «Sono io», ma dall’interno non si udì alcuna risposta.
Bussò alla finestra molte volte, ma ancora non ci fu alcuna risposta. Cominciò a pensare che la casa fosse vuota. Disse ad alta voce: «Amico, perché non mi apri la porta? Perché non rispondi?».
Si udì una voce provenire dall’interno della casa:
«Chi è questo idiota che si fa chiamare “io”? A parte dio, nessuno ha il diritto di dire “io”».
Il nostro “io” è l’unica serratura sulla porta della verità: se forzi quella serratura, all’improvviso comprendi che la porta è sempre stata aperta!
Stavo da poco ascoltando una trasmissione a cui partecipava un grande scrittore ed esegeta, Igor Sibaldi, affrontava il tema dell'io:
"Quando ti chiedono chi sei? tu rispondi sono Alberto, Maria, Francesca, Anna Sofia, Giovanni.In realtà, il nome non dice niente di te, ma dice tanto dei tuoi genitori, o di coloro che te lo hanno dato. Sibaldi fa una battuta più o meno dicendo: " non ti ricordi quando avevi appena 2 ore, ti hanno chiamato per nome? Oh eri forse distratto?, Forse cercavi di suggerire telepaticamente un altro nome tipo Nuvola d'argento con riverberi dorati?" e loro ti hanno capito e ti hanno dato "Enzo"
In Sardegna, i genitori, dimenticandosi dei loro cognomi tendono a dare nomi strampalati ai propri figli, tipo Jhonatan associato a Porcu, Michael Nieddu e Bruss Cannas e così via.
Il nome dice molto dei genitori, ma poco di te.
Un'altra cosa che ci identifica è il cognome, che ci inserisce nella discendenza, anche se adesso si possono avere più cognomi.
Comunque anche il cognome dice poco di noi.
Lo stesso vale per il ruolo familiare: es. padre, figlio madre, nonni ect.
In realtà il ruolo che ci viene ritagliato, sembra in un certo qual modo scacciare le ansie del compito attinente al ruolo. Una madre che magari è una stronza menefreghista, comunque è madre di Alberto, Maria, Francesca, Anna Sofia, Giovanni ecc., avendo partorito il figlio Alberto è madre di Alberto, ma non dice niente sull'essere madre.
Anche il ruolo all'interno della società non dice niente di te. Ma tu hai un ruolo tra quelli possibili che meglio risponde alle esigenze della società. Noi siamo il nostro passato.
Se ti chiedessero chi sei? diresti: "io sono Alberto, ho studiato - nel passato- legge e sono diventato avvocato" non diresti "io sono Alberto e l'hanno prossimo sarò un astronauta di fama mondiale". Di ciò che sarai non interessa niente a nessuno.
Se noi alla domanda "Chi sei?", togliamo questi elementi "nome, cognome, ruolo familiare, ruolo sociale e passato" cosa rimane di noi? Pensateci.
Niente, cosa c'è dietro questo Alberto? il vuoto
Il vuoto è inquietante perché è un qualcosa di non sondato, ma il vuoto è spazioso, il vuoto ti aumenta, non ti diminuisce. Nel vuoto tu puoi muoverti su, giù, linearmente, random. Sei libero.
La società però non vuole questo per te, ti vuole dare certezze in modo da poterti controllare.
Ulisse riesce a sconfiggere Polifemo, quando escogita il signor nessuno, perchè nessuno diventa incontrollabile.
Provate a vedere chi siete al di là di questi elementi.
Iniziate ad aprire la serratura verso nuove consapevolezze. Provate.
Namasté
SANNYASIN, VILLAGGIO, IO, IDIOTA, SERRATURA SFORZO , COMPRENSIONE, LA PORTA E' SEMPRE STATA APERTA
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