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I genitori di Yogananda: incontro con Lahiri Mahasaya

  • Immagine del redattore: Alberto Dessi
    Alberto Dessi
  • 29 set 2017
  • Tempo di lettura: 3 min

Il giorno successivo alla celestiale visione di Lahiri Mahasaya, il padre di Yogananda, col suo dipendente e la moglie presero un carretto trainato dal cavallo per percorrere un gran pezzo di strada, a cui seguiva poi un lungo tratto a piedi fino ad arrivare in anguste viuzze fino alla casa isolata del grande guru.

Entrando nel suo salottino si chinarono dinanzi al maestro, il quale rimase immobile nella posizione del loto a lui abituale. Lahiri sbatté appena le palpebre e diresse il suo sguardo penetrante sul padre di Yogananda

“Bhagabati, sei troppo severo con il tuo impiegato!”. Utilizzò le stesse parole che aveva pronunciato due giorni prima nel campo di Gorakhpur, a volte che non avesse frainteso!!

Poi però aggiunse: “Sono lieto che tu abbia permesso ad Abinash di farmi visita e che tu e tua moglie lo abbiate accompagnato”.

Da quel momento in poi vennero tutti e tre iniziati alla pratica spirituale del Kriya Yoga e divennero da quel momento intimi amici.

Noi tutti cerchiamo, sbraitiamo, ci sforziamo di crescere a livello spirituale e di conseguenza nella vita ed ognuno di noi vuole essere protagonista in un certo qual modo.

Ogni guru ha una sua missione ed è quella di aiutare nel percorso di risveglio la maggior parte delle persone.

Quanti vorrebbero essere Abinash, ossia dei piccoli dipendenti che vengono un po’ vessati dai propri capi e che poi per strane congiunture diventano delle pietre importanti, dei tasselli, degli strumenti fondamentali per permettere agli stessi capi di raggiungere livelli spirituali più alti.

Abinash rappresenta un tassello importante per tutta la famiglia di Yogananda,

senza di lui , difficilmente il padre prima e la madre poi, avrebbero potuto conoscere gli insegnamenti di Lahiri Mahasaya e neppure Yogananda.

Se però noi ci spingiamo oltre nel ragionamento, possiamo facilmente concludere che ognuno di noi è fondamentale, è prezioso per la crescita di tutti gli altri. Che lo vogliamo o no siamo tutti connessi gli uni gli altri.

Anche le resistenze del padre Bhagabati sono fondamentali.

Poniamo il caso che il padre di Yogananda avesse detto: “ va bene Abinash, fatti la tua vacanza e ritorna carico per il lavoro” cosa sarebbe successo?

Sarebbe successo che il padre di Yogananda non avrebbe potuto conoscere Lahiri Mahasaya.

Ogni cosa, ogni incontro, ogni resistenza può rappresentare la chiave di volta per la nostra vita, per cui una vigile apertura deve sempre rimanere.

Lahiri Mahasaya in realtà era interessato probabilmente, non tanto ad Abinash, a Bhagabati, o alla madre di Yogananda, ma alla nascita di Yogananda .

Non è che Lahiri faccia discriminazioni, tuttavia lo splendore della luna o del sole, non può essere paragonato ad una fiocca luce di appartamento, così la luce di Yogananda non poteva passare inosservata agli occhi spirituali del maestro.

Pochi tempo dopo la nascita di Yogananda, il maestro lascia il corpo, ma il germe era stato già piantato in Yogananda attraverso le parole della madre, la quale in casa conservava, in una sorta di altare, l’immagine del guru in una cornice decorata.

Yogananda si accorgeva che man mano che cresceva, il ritratto di Lahiri Mahasaya assumeva forme particolari, spesso accadeva che l’immagine nella foto emergeva dalla cornice assumendo forma vivente, fino a sedersi accanto a Yogananda.

Quando provava però a toccarlo, ridiventava foto.

Spesso lo pregava, nei momenti di difficoltà o di turbamento, trovando in se stesso la sua guida confortante. All’inizio così afferma Yogananda: “mi affliggevo che egli non fosse più in vita fisicamente. Quando, tuttavia, cominciai ad avvertire la sua segreta onnipresenza, non mi lamentai più.”

All’età di otto anni ricevette la grazia di una guarigione miracolosa attraverso la fotografia di Lahiri Mahasaya.

Mentre soggiornavo nella proprietà di famiglia a Ichapur, nel Bengala, il piccolo Yogananda fu colpito dal colera asiatico. Ero ormai considerato spacciato e i medici non potevano far nulla.

Nel letto di morte, la madre gli faceva segno di guardare il ritratto di Lahiri Mahasaya appeso alla parete.

«Inchinati a lui mentalmente!» diceva indicando la foto del maestro.

Yogananda era così debole da non riuscire neppure a sollevare le mani in segno di saluto.

«Se davvero dimostri la tua devozione e ti inginocchi interiormente davanti a lui, avrai salva la vita!» continuava la madre con una fede incredibile.

Yogananda fissò la sua immagine e vide una luce accecante, che avvolse il suo corpo e l’intera stanza. La nausea e gli altri sintomi incontrollabili scomparvero: stava bene.

«O Maestro onnipresente, ti ringrazio di aver salvato mio figlio con la tua luce!» disse la donna felice e stremata.


 
 
 

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Il mio nome è Alberto Dessi. Scrivo su questo blog come segno di riconoscenza per le intuizioni che Osho ci ha regalato attraverso più di 350 volumi e più di 5000 ore di  discorsi tenuti di fronte a migliaia di persone.

 

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